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Rossana Biagi. Mostra postuma.

Seravezza (Lucca) Cappella di Palazzo Mediceo 5.7.2006.

 
Ricordo da:Lodovico Gierut
 

Questa retrospettiva di Rossana Biagi, ne arricchisce un ottimo curriculum, con una mostra personale, postuma, ben organizzata in una Versilia che da sempre ha accolto una miriade di pittori e di scultori. Con ciò, non è detto che all’artista pisana siano mancati i contatti con un territorio che ha dato ampio spazio d’azione ai vari Carrà, Soffici, Thayaht, Santini, Miozzo, e via via Chini e Treccani, Magnelli e Berti, Lapi ... Talune sue opere sono in collezioni private a Pietrasanta ed a Forte dei Marmi. Non sta in ogni modo a noi, ripetere l’iter già ben evidenziato in più occasioni da scrittori e storici dell’arte, da suoi colleghi artisti e da altri appartenenti al mondo culturale, non ultimi – ognuno per le proprie competenze – dai figli Elisabetta ed Isaia Caporali. Un percorso, il suo, giunto a Seravezza, presso la Cappella di Palazzo Mediceo, a proporci in ottima sintesi, alcune opere. Ma ... tutte rappresentano l’artista, da quelle piccole come dimensione, a quelle più vaste, nelle quali riconosciamo un coraggio, una veemenza, una delicatezza non usuale ... Rossana Biagi era così. Non poteva essere che così: dedita all’arte, alla famiglia, e al tempo del vivere ... E’ stato scritto (1) che “... l’artista non esiste, c’è solamente l’arte”. Un modo per rivendicare “l’importanza dell’essere e non quella dell’apparire” (n.d.r. frase di M. Gierut), e per affermare che, in fondo, ciò che un pittore, uno scultore, un poeta ci lascia, è unicamente “il proprio messaggio” da guardare, da analizzare, da capire, e dal quale apprendere ciò che ha voluto dirci. L’arte deve essere un dono. Questo è il nostro pensiero. Il nome di Rossana Biagi ci rammenta talune frequentazioni pisane giovanili, in cui – nei momenti liberi dalle lezioni universitarie – scrutavamo qua e là, nelle gallerie cittadine, lavori figurativi e modi d’operare connessi all’astrazione. Tra le antiche mura c’era, allora, una fervida attività e senz’altro un dialogo più profondo tra la gente, soprattutto, ci sia consentito dirlo, tra i vari “creativi”. Là come qui, come in altri posti. Tornando perentoriamente a Rossana Biagi, Nicola Micieli ha scritto – con ragione –di “talento naturale”, ... e altri studiosi hanno dato, nel corso degli anni, onesti contributi per la “lettura” di ciò che ha espresso questa “poetessa del colore”, scomparsa nel 1998. Non ci sembra giusto, a questo punto, ampliare ciò che Elisabetta Caporali ha già esaurientemente portato all’attenzione del pubblico, semmai ci pare importante rilevare la complessità di un’Artista molto sensibile, di talento, che ha dato tanto, per ricevere meno di quello che le sarebbe dovuto essere dato in vita. Le tempere, i grandi oli soprattutto, altro non sono che il connubio dell’essere e del vivere nel proprio tempo, e contestualmente una proposta concretamente riuscita di svelare un’autonoma ricerca. Rossana Biagi ha dipinto sul serio. Ha guardato dentro di sé. Oltre se stessa. L’ha fatto scrivendo parole, tracciando segni e sogni, amando la vita, dipingendo la realtà e travalicando barriere e steccati. Non è stata la pittrice di fiorellini anemici ... si fa per dire, e nessuno se ne abbia a male, ma ha saputo esternare in piena libertà il suo “io”. Non s’è chiusa nel dorato guscio pisano, ma ha posto attenzione alle piccole e alle grandi cose, consegnandoci un prezioso contributo nei confronti dell’arte e del mondo. C’è felicità, c’è dolore ... e i simboli da un lato all’altro ci sono tutti, nella continuità esistenziale che non ha flessioni o cadute. La figura in qualche caso si dissolve, o per meglio dire “muta condizione”, arriva cioè ad una “realtà altra”, e vive nei vasti coraggiosi quadri in cui le stesse interpretazioni cromatiche, gli accostamenti vari, dettano le coordinate della tranquillità e dell’ansia, dell’impulsività e dell’autocontrollo, dell’attività in espansione. Ne sono simboli tipici, a rafforzare taluni temi, le unioni dei gialli e dei rossi brillanti, estroversi, tipici di un orientamento attivo verso l’esterno. E come dimenticare l’impetuosità dei rossi e dei neri accomunati alle soluzioni improvvise col riquadro magico composto di piccole ma forti pennellate tratteggiate, che dicono della sua forza vitale, e del suo desiderio raggiunto di farsi capire? Credeteci, i quadri di Rossana Biagi, implicherebbero un’analisi critica ben più vasta che quella – pur valida – portata in essere prima di oggi. Molte opere sono, infatti, ancora sconosciute, e l’esposizione che stiamo ammirando è la punta di un iceberg ... La presenza delle forme pittoriche trasmesse su tela o su carta, ne sono il pensiero stesso, diventano narrazione, consolidando il giudizio secondo il quale la preferenza di una tematica o di un’altra, non è dettata dalla casualità. In lei c’è un preciso pensiero-percorso che una volta decifrato, è piena comunicazione con l’altrui persona. Ecco ... sta anche in tale gesto, vale a dire nel significato del “dare”, la serietà di quest’artista che ha saputo esprimersi senza timori o titubanze, evitando fronzoli e orpelli. Per questo motivo la mostra di Seravezza è una “tappa” per conoscerla, o per comprendere in maniera più approfondita ciò che ci ha lasciato.

Lodovico Gierut Critico d’arte

Nota
(1) Enrico Guarnieri, “A Marta”, lettera a Liliana e Lodovico Gierut in ricordo di Marta Gierut, Firenze, 10 giugno 2006. Archivio artistico-documentario Gierut, Marina di Pietrasanta.

 

 

 

 
 
 
 
   

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